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Traffico specie protette, 23 miliardi di dollari all'anno

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Convenzione su commercio specie a rischio a Johannesburg. Si è aperto sabato 24 a Johannesburg il summit della Cites, © EPA

la Convenzione sul commercio internazionale delle specie a rischio. La Convenzione raccoglie 181 paesi in tutto il mondo e si riunisce ogni tre anni.

 

Fino al 5 ottobre i 2.500 delegati discuteranno di 62 proposte, riguardanti quasi 500 specie, per rafforzare le misure di controllo internazionali. Le decisioni finali saranno poi vincolanti per i paesi membri.

Per il segretario generale della Cites, John E. Scanlon, la conferenza di Johannesburg è "uno degli eventi più decisivi nei 43 anni di storia della Convenzione". Fra i temi sul tavolo, il bando totale del commercio dei pangolini, un piccolo formichiere asiatico e africano dal dorso coperto di squame, ricercatissimo dalla medicina tradizionale cinese e vietnamita e per questo fra gli animali più trafficati illegalmente al mondo. A Johannesburg si parlerà anche di una protezione maggiore per squali, pappagalli e rane.

L'argomento più controverso riguarda gli elefanti. Alcune nazioni africane vogliono togliere il bando al commercio di avorio, altri 29 stati africani vogliono invece aumentare le misure di protezione. In discussione anche la richiesta dello Swaziland di legalizzare la vendita di corni di rinoceronte.

Traffico specie protette, 23 miliardi di dollari all'anno. Ammonta alla cifra colossale di circa 23 miliardi di dollari all'anno il bottino spartito da trafficanti e funzionari governativi corrotti coinvolti fra Africa e Asia nel business condotto sulla pelle di animali teoricamente protetti: fra cui elefanti, rinoceronti e tigri. Lo rivela un'inchiesta realizzata dal britannico Guardian e dagli investigatori di Freeland, un'ong ambientalista, secondo cui il giro d'affari coinvolge gruppi criminali, ma anche funzionari pubblici "del piu' alto livello" di vari Paesi asiatici.

Si parla della mutilazione o uccisione di "decine di migliaia di esemplari di specie a rischio", presi di mira per il prelievo di zanne, pelli o altre parti del corpo destinate fra l'altro al mercato della medicina tradizionale asiatica. I Paesi piu' marchiati sono da un lato il Kenya e il Sudafrica, dall'altro la Cina, ma pure Thailandia, Vietnam e Laos. Fra i trafficanti gia' noti spicca il boss laotiano Vixay Keosavang, detto il 'Pablo Escobar' del settore. Ma l'inchiesta svela come figure emergenti anche gli ormai ricchissimi fratelli vietnamiti Bach.

 

Ong, vietare del tutto commercio di avorio. Un gruppo di organizzazioni impegnate nella salvaguardia dell'elefante africano chiederà di vietare totalmente il commercio di avorio ai leader mondiali che saranno presenti al CITES (la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) domani, 24 settembre, a Johannesburg, in Sud Africa, dove si voterà sulla chiusura di tutti i mercati nazionali d'avorio in tutto il mondo.

Solo 425.000 elefanti africani vivono oggi nel loro habitat e circa 33.000 sono massacrati ogni anno per prelevarne le zanne, uno ogni 15 minuti. Con i ritmi attuali, l'elefante africano potrebbe estinguersi nei prossimi 10 anni.

WildAid, Stop Ivory, Environmental Investigation Agency (EIA), ZSL (Zoological Society of London), Tusk e Global March for Elephants chiedono a tutti di "unirsi alla mandria" (#JoinTheHerd) su JoinTheHerd/cites per esprimere come voterebbero se avessero voce in capitolo.

Molti mercati interni rimangono aperti, diversi dei quali in Europa. Questo nonostante una media dell'85% degli intervistati, senza differenze di genere, età, istruzione o classe sociale, sia contraria al commercio di avorio in ogni parte del mondo. Il sondaggio rivela risultati simili anche in altri importanti mercati, come gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia.

"I risultati del nostro studio sono chiari: la gente vuole fermare il commercio dell'avorio - afferma Aisling Ryan, Global Strategist di Grey London per la campagna #JoinTheHerd -.

Qualsiasi governo o organo democratico che non sostenga questa richiesta viene meno al dovere di rappresentare i desideri della popolazione". © EPA

 

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